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Channel: Geopolitica venezuelana – Pagina 340 – eurasia-rivista.org
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Lotta contro la frode fiscale o dominio statunitense sul sistema finanziario ?

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Nel luglio 2003, il Consiglio dei ministri delle Finanze europei (ECOFIN) approva il contenuto di una Direttiva [1] che prevede, dal 1° gennaio 2005, l’applicazione, per 12 Stati membri, dello scambio automatico di informazioni. L’Austria, il Belgio ed il Lussemburgo hanno optato per una ritenuta alla fonte.

Alcuni paesi terzi, la Svizzera, il Liechtenstein, Monaco, Andorra e San Marino adottano allora misure « equivalenti », al pari dei Territori dipendenti ed associati di certi Stati membri, come le Isole anglo-normanne e le Isole Caiman. Per questi ultimi, siamo già nell’eccezione perché, contrariamente alla volontà iniziale dell’UE, non è più questione di applicare misure « identiche », ma solo « equivalenti ». Questi territori dipendenti dalla Corona britannica sono così posti sullo stesso piano di paesi esterni all’Unione.

Allo scopo di mettere fine a tale regime provvisorio, la Commissione presenta, il 3 febbraio 2009, due nuove proposte di direttive che devono migliorare la reciproca assistenza tra le autorità fiscali degli Stati membri. Questi progetti mirano ad impedire a tali paesi di invocare il segreto bancario per rifiutare le richieste di cooperazione in materia fiscale. I paesi che applicano le ritenute alla fonte, soprattutto il Lussemburgo e l’Austria, non nascondono le loro riserve.

Le cose saranno ben presto regolate, non in seno all’Unione Europea, ma in seguito all’intervento degli Stati Uniti, attraverso il vertice del G 20 del 1°  e 2 aprile 2009.

L’Unione Europea : un’entità fantomatica.

La crisi economica obbliga i governi a cercare nuove entrate in denaro al fine di compensare parzialmente i trasferimenti di bilancio verso il settore finanziario. È in questo contesto formale che si inscrive la lotta contro la frode fiscale lanciata dagli Stati Uniti, offensiva in cui gli USA trovano degli alleati in seno all’Unione Europea, non solo nel loro referente privilegiato, la Gran Bretagna, ma anche nella Germania e nella Francia. Questo, tuttavia, è solo un elemento parziale dell’affaire. Innanzitutto, ci interessa mettere in luce l’incapacità dell’Unione Europea di poter dare vita ad una politica comune in materia fiscale. Mentre la questione della regolamentazione degli scambi di informazioni  in materia fiscale tra gli Stati membri avrebbe dovuto essere sistemata al suo interno, gli scambi ottenuti sono il risultato della politica degli Stati Uniti. L’organismo scelto è il G 20 e l’infrastruttura utilizzata quella dell’OCSE. Così vengono strumentalizzati un gruppo di circostanza la cui unica legittimità è la necessità di far fronte ad una situazione d’urgenza ed un’organizzazione internazionale il cui oggetto è la promozione dell’economia di mercato.

Il G 20, al quale l’Uni8one Europea abbandona le sue prerogative, è la forma di organizzazione attualmente privilegiata nell’odierna gestione dei problemi internazionali. I G 7, G 8, e …G 20 instaurano nuove forme d’intervento attraverso le quali si esercita prioritariamente il comando politico. Si tratta di azioni puntuali, messe in atto dalla potenza dominante. Questi vertici non hanno altra legittimità che la necessità proclamata di far fronte ad uno stato di urgenza. Il numero e la qualità dei partecipanti sono strettamente determinati dai rapporti di forza del momento e dall’ampiezza del riconoscimento cercata.

Quanto all’OCSE e al FMI, il principale beneficiario istituzionale di quel G 20, essi esercitano quella che viene chiamata la « governance » del mercato mondiale. Sono istituzioni permanenti il cui oggetto consiste nel gestire gli abbandoni di sovranità degli Stati nazionali a vantaggio del mercato mondiale.

Questi due tipi di organizzazioni rappresentano le due strutture della nuova forma di Stato transnazionale sotto egemonia statunitense : da una parte, l’asse verticale che impone la decisione politica e, dall’altra, l’asse orizzontale composto da organizzazioni internazionali che gestiscono il nuovo rapporto di forze così creato.

La frode fiscale come legittimazione dell’azione statunitense.

La « lotta contro la frode fiscale » non è appannaggio dell’Unione Europea. Quest’ultima si inserisce in un vasto movimento iniziato dagli Stati Uniti. Tuttavia, l’obiettivo dell’amministrazione americana è di assicurare un trasferimento della gestione dei capitali «offshore» verso le piazze finanziarie che essa controlla strettamente. Da questo punto di vista, i risultati dell’ultimo G 20 sono del tutto esemplari.

Il G 20 del 1° aprile  2009 ha presentato un programma da 1.100 miliardi di dollari destinato a sostenere il credito. L’essenziale è consistito nell’aumento dei mezzi del FMI. Tuttavia, non è stato annunciato alcun piano di rilancio globale coordinato. Come nel complesso delle politiche economiche nazionali, l’obiettivo non è quello di avviare un rilancio della macchina economica attraverso un aumento della domanda delle famiglie, ma di promuovere una ridistribuzione delle entrate delle famiglie verso le imprese  e, all’interno delle prime, verso i redditi più alti. Tale processo si accompagna ad un’accresciuta gerarchizzazione del sistema finanziario internazionale. Certe piazze bancarie non sono più autorizzate a gestire il risultato della frode fiscale e ciò a vantaggio di alcune loro concorrenti.

Questa ristrutturazione della finanza mondiale ha anche un aspetto monetario : quello del mantenimento del dollaro come moneta strutturante degli scambi internazionali. Constatando gli abissali deficit della bilancia commerciale e del bilancio dello Stato statunitensi, numerosi economisti annunciano una prossima fine della dominazione del dollaro come moneta internazionale. Tuttavia,  le cose si rivelano più complesse. La moneta non è solo un’unità di conto ed uno strumento di riserva; è anche un mezzo d’azione, un contrassegno della potenza politica. Essa è costitutiva della forma dello Stato. Il dollaro non è solo la moneta dello Stato nazionale statunitense, ma anche della sua funzione imperiale.

Indebolito a livello strettamente economico, il dollaro dispone della forza politica dello Stato americano per tentare di mantenere le sue prerogative mondiali. È in questo quadro di mantenimento dell’egemonia della moneta americana obbligando i capitali a collocarsi nella sua zona economica, che va letta l’attuale operazione di ristrutturazione del sistema finanziario internazionale, di cui l’attacco contro la banca svizzera UBS nonché il G 20 di aprile 2009 sono alcune delle maggiori operazioni.

Un rivelatore dei rapporti di forza mondiali

Quel summit si è rivelato uno strumento del predominio anglosassone sulla finanza internazionale. L’essenziale dei lavori si è imperniato sulla « lotta contro i paradisi fiscali ».  L’azione si è strutturata a partire da tre liste stabilite dall’OCSE. La prima, la lista nera, non comprendeva che quattro Stati, tra cui il Costa Rica e l’Uruguay, paesi che non hanno alcun rapporto di forze a livello internazionale. In seguito ad impegni « a procedere a scambi di informazioni fiscali in funzione della normativa OCSE [2]», essi sono stati depennati da questa lista, che resta così vuota. La seconda, la lista grigia, comprendeva i paesi « che devono fare degli sforzi in materia di cooperazione fiscale » : la Svizzera e il Lussemburgo, ma anche il Belgio e l’Austria. La terza, la lista bianca, quella dei paesi cooperanti comprende il Regno Unito che, con la City, possiede uno dei principali centri offshore del mondo, nonché quattro dei suoi « territori dipendenti »: Jersey, Guernesey, l’Isola di Man e le isole Vergini. Ne fanno, evidentemente, parte gli Stati Uniti e questo senza alcuna nota che sottolineai le pratiche poco trasparenti di Stati come Delaware o lWyoming [3].

Così, i risultati del G 20 traducono fedelmente i nuovi rapporti di forza a livello internazionale. Gli Stati Uniti hanno svelato il loro potere di riorganizzare a loro vantaggio il sistema finanziario. L’Unione Europea ha mostrato il suo affrettarsi a sostenere gli interessi anglosassoni, mentre la Cina è arrivata a conservare i suoi paradisi fiscali, Macao, Hong Kong e Singapore. Quanto ad Israele, esso conferma il suo statuto di pura anomia, di territorio posto al di fuori del diritto  e degli accordi internazionali poiché, sebbene generalmente considerato un paese riciclatore di denaro sporco, non compare su alcuna lista, né sulla nera, né sulla grigia, né sulla bianca.

Nel corso dei negoziati a livello del G 20, la Commissione dell’Unione Europea era rimasta screditata ed ambigua circa la composizione delle diverse liste. Una volta stabilite, ha direttamente manifestato la sua premura a farle rispettare dai diversi Stati membri, nonché dai suoi diversi partner economici [4] . Ha espresso la sua volontà di lavorare congiuntamente con l’OCSE al fine di garantire un seguito agli avvertimenti lanciati dal G20. Questo modo di procedere dell’Unione Europea è sintomatico del suo posizionamento nella struttura delle organizzazioni internazionali non come parte integrante della presa di decisione politica, ma come semplice strumento della sua applicazione.

I « trust ».

L’offensiva si è concentrata sul segreto bancario, presentato come il mezzo privilegiato dell’evasione fiscale. Nella loro dichiarazione finale, i paesi del G20 hanno inoltre affermato che « l’era del segreto bancario è terminata ».

Tuttavia, attualmente la metà del mercato offshore si concentra nei trust, creazioni giuridiche anglosassoni, che non necessitano di segreto bancario per potersi mettere al riparo dal fisco. Così, l’evasione fiscale si è progressivamente spostata verso queste strutture legali. Non è più un mercato della discrezione bancaria, ma quello delle tecniche giuridiche d’ingegneria fiscale. I trust sono divenuti il principale strumento della sottrazione fiscale, il più efficace sostituto del segreto bancario.

Il trust è un veicolo di diritto anglosassone che permette ad una persona di privarsi della sua fortuna, al fine di non apparirne il proprietario agli occhi del fisco. Se è  «discrezionale ed irrevocabile» [5], la banca che apre il conto può non esigere l’identità del beneficiario. Una persona che ha costituito un tale  trust all’estero non è minimamente tassata, perché non è più considerata proprietaria dei suoi beni.

Le isole di Jersey e Guernesey, entrambe territori britannici, sono delle giurisdizioni specializzate nella costituzione dei trust. È anche il caso del Delaware e dei Caraibi, che servono da rifugio al denaro « grigio » proveniente dagli Stati Uniti, nonché di Miami, che accoglie, negli USA, i capitali latino-americani che vogliono sfuggire al fisco del loro paese. Singapore, che tratta fortune asiatiche od europee, ha la stessa funzione [6].

Anche le grandi banche svizzere si sono lanciate nel mercato dei trust. Esse esigono poche informazioni sugli aventi diritto economici di trust « discrezionali ed irrevocabili », ma conservano l’identità di chi li costituisce. Le banche anglosassoni praticano un’usanza con pretese ancora minori, mantenendo solo informazioni sul contraente, il « trustee », la società di gestione e di amministrazione del trust. Il che, di fatto,  permette loro di ottenere una completa opacità della persona che desidera sfuggire al fisco. Così, esse arrivano ad una confidenzialità ancora maggiore pur senza segreto bancario nel senso formale del termine: anche se nel corso di una determinata indagine le legislazioni obbligano queste piazza finanziarie a consegnare le informazioni sui loro clienti,  esse non possono fornire dati di cui non dispongono.

Così, le giurisdizioni anglosassoni dispongono di un vantaggio sostanziale sulla Svizzera in caso di sparizione del segreto bancario : l’opacità dei loro trust è più completa.

Il fatto che, su 31 paradisi fiscali censiti dall’OCSE, 9 siano territori britannici e 14 ex colonie della Corona [7] e che tali centri offshore siano le sedi principali  di questi trust, dimostra che la lotta contro la frode fiscale lanciata da Gordon Brown, non può essere l’obiettivo reale di quel vertice. Le cose hanno cominciato a delinearsi quando la Svizzera, una delle principali piazze finanziarie mondiali, è apparsa il bersaglio principale di quel G20. Di fatto, si tratta di un tentativo di riorganizzazione del sistema finanziario internazionale a sue spese. Le cose sono già apparse chiare con il caso UBS. L’azione dell’amministrazione statunitense contro questa banca elvetica è consistita nell’utilizzo di un’operazione contro l’evasione fiscale dei suoi cittadini al fine di modificare, a suo vantaggio, le regole di funzionamento del sistema bancario mondiale.

Offensiva contro la piazza bancaria svizzera.

Ricordiamo che il 18 febbraio 2009, la banca UBS aveva dapprima accettato, in spregio al diritto elvetico, di consegnare alla giustizia americana il nome di circa 250 clienti che aveva aiutato a sfuggire al fisco statunitense [8]. Questa lista l’amministrazione USA avrebbe potuto ottenerla rispettando la procedura giudiziaria elvetica e l’accordo di mutua assistenza amministrativa firmato in precedenza tra Svizzera e Stati Uniti.

La Finma, l’autorità elvetica di sorveglianza delle banche, ha immediatamente coperto tale procedura. Si trattava di bypassare la normale via giudiziaria e di consegnare, senza attendere, i nomi dei clienti. Si trattava di evitare una causa penale del Dipartimento della Giustizia americano tenendo conto che, in passato, praticamente nessuna impresa è sopravvissuta ad una tale azione.

Tuttavia, malgrado quella consegna, la giustizia statunitense è ritornata alla carica. Successivamente, ha preteso che UBS fornisse al fisco l’identità di circa 52 000 clienti americani titolari di “conti segreti illegali”. Tali pretese si fondano su una causa, depositata dall’amministrazione USA, davanti al tribunale civile di Miami.

L’avvocato d’affari di Washington, George Clarke, pensa che « questa lista di clienti  era senza dubbio già conosciuta dal fisco americano ». Si può supporre che gli USA si facciano consegnare una lista di nomi che già hanno. L’obiettivo è meno la messa in atto di procedimenti fiscali che obbligare la banca UBS e le autorità di regolazione svizzere a violare la propria legalità. Abbiamo, così, un vero atto di sovranità internazionale, nella misura in cui l’amministrazione americana ha la capacità di imporre una decisione che viola il quadro legale in cui essa s’inserisce.

UBS : cavallo di Troia del fisco USA.

Il 19 agosto 2009, UBS ed il fisco americano firmano un accordo che mette momentaneamente fine al caso di frode fiscale che le opponeva. Esso permette alla banca di sfuggire ad un processo. Tuttavia, UBS deve dare i nomi di circa 4.450 titolari di conti di contribuenti americani sospettati di frode fiscale. Tali dati saranno trasmessi attraverso la via ufficiale della reciproca collaborazione amministrativa. Le autorità elvetiche legalizzano  così il nuovo rapporto di forze ed il fisco americano ottiene il loro avallo al fine di indagare su altre banche svizzere. La soppressione della distinzione frode-evasione fiscale operata dalla Confederazione per uscire dalla lista grigia dei paradisi fiscali stabilita dall’OCSE, offre nuove prospettive alle richieste delle amministrazioni fiscali  straniere. Le autorità svizzere cercano innanzitutto di impedire le « pesche con la rete », cioè l’ottenimento d’informazioni sulla base di semplici sospetti e non in funzione di precise informazioni, ad esempio i nomi dei frodatori, le società implicate, numeri di conti…Tuttavia, a questo livello niente è stabilito definitivamente. Come dall’inizio di questo affaire, tutto si giocherà in termini di rapporti di forze.

Di fatto, questo nuovo accordo tra UBS e l’amministrazione americana servirà da termine di paragone per definire la dimensione delle maglie della rete con cui il fisco americano partirà alla pesca dei frodatori e questo nel complesso della piazza finanziaria elvetica e, in seguito, nei paesi terzi.

L’accordo del febbraio 2009, con il quale la banca UBS aveva inizialmente accettato, in spregio del diritto elvetico, di fornire alla giustizia americana il nome di circa 250 clienti che aiutati a sfuggire al fisco USA, non aveva fermato la giustizia americana. Appena firmato, quest’ultima aveva preteso che UBS le consegnasse le identità di circa 52 000 clienti americani titolari di conti segreti “illegali”. Il nuovo accordo sospende tali pretese. Ad un primo, attento sguardo. esso è particolarmente favorevole alla banca svizzera.

UBS, che in febbraio aveva già adempiuto al pagamento di un ammenda di 780 milioni di dollari, non dovrà pagare penalità supplementari [9]. Nella pratica abituale del fisco americano, questa è un’eccezione. E, cosa ancor più sorprendente, viene stipulato che, se dopo un anno la banca non ha rispettato i suoi impegni, nessuna sanzione finanziaria potrà essere presa contro di essa. Non si può capire tale atteggiamento dell’amministrazione USA senza ipotizzare che il fisco statunitense non voglia creare difficoltà finanziarie alla banca. In effetti, esso non ha interesse ad uccidere un cavallo di Troia che, finora, lo ha servito così bene e, soprattutto, può ancora essergli utilissimo. UBS dipende molto dal mercato americano e così è particolarmente vulnerabile alle pressioni del fisco USA. Per le altre banche elvetiche, tale problema è minore. Lo svolgimento di questo affaire ci fa capire che dobbiamo aspettarci nuovi attacchi statunitensi contro la piazza finanziaria svizzera.

Stato di eccezione permanente e creazione di un nuovo ordine di diritto.

La risposta positive di UBS alle informazioni del fisco USA, nonché la legittimazione di questa rimessa di informazioni da parte delle autorità di controllo elvetiche, collocano l’amministrazione americana in una posizione che le permette di formulare costantemente nuove pretese. La sovranità americana si definisce non solo come capacità di porre l’eccezione e di stabilire uno stato d’eccezione permanente ponendo sempre nuove richieste ma, soprattutto, nel farne la base su cui ricostruirsi un nuovo ordine giuridico internazionale.

La creazione di un puro rapporto di forze non è che una prima forma d’azione. In un primo tempo, l’essenziale per le autorità americane è farsi consegnare le informazioni in violazione delle procedure svizzere [10]. Le autorità americane hanno poi la capacità di far legittimare da tutte le parti i nuovi diritti che esse si sono accordate. Si tratta così di far abbandonare a quello Stato le sue prerogative sovrane al fine di trasferirle all’amministrazione statunitense.

Questo modo di procedere ricorda la maniera in cui gli Stati Uniti hanno ottenuto dalle autorità europee il trasferimento dei dati PNR dei passeggeri aerei [11] e, nel caso Swift, alcune informazioni finanziarie sugli abitanti dell’Unione. Dapprima avevano imposto, in violazione del diritto europeo, un puro atto di forza, di cattura delle informazioni personali. Quest’azione è stata poi legittimata dagli accordi firmati con il Consiglio dell’Unione Europea.

Il fatto che l’amministrazione americana disponga, attraverso il server della società Swift situato sul suolo degli Stati Uniti, dell’insieme delle informazioni relative alle transazioni finanziarie internazionali [12], permette di supporre che essa in parte già abbia le coordinate, reclamate ad USB, dei 52.000 frodatori del fisco americano. Ricordiamo inoltre che le autorità statunitensi dispongono, grazie a Remotegate, di un ingresso speciale che permette loro di sorvegliare gli scambi interbancari interni alla Svizzera [13].

Il sistema di crittazione utilizzato dalla banca non potrà più resistere alle investigazioni della NSA, l’agenzia di spionaggio statunitense particolarmente specializzata in questa materia.

Un dominio sul sistema finanziario .

Questa nuova sovranità americana s’inscrive in una riorganizzazione del sistema finanziario internazionale che, tramite la lotta contro la frode fiscale, distingue i « paradisi fiscali », di cui farebbe parte la Svizzera, dai centri « offshore » come, ad esempio, le piazze finanziarie dei Caraibi. Interamente controllati dalle autorità statunitensi, questi ultimi potrebbero conservare tutte le loro attività a detrimento dei loro concorrenti etichettati negativamente. Gli Stati Uniti ed i loro satelliti dei Caraibi nonché i centri offshore sotto  bandiera britannica controllano ciascuno un mercato del « denaro grigio » quasi eguale a quello della Svizzera. In seguito all’offensiva statunitense, la Svizzera, che detiene ancora il 27% del mercato del risparmio mondiale gestito fuori dal paese di residenza, potrebbe rapidamente lasciare il campo ai suoi principali concorrenti  : il Regno Unito e le sue isole anglo-normanne, l’isola di Man e Dublino che trattano il 24% di questi capitali, nonché New York, Miami, i Caraibi e Panama che detengono il 19% dei 7300 miliardi di dollari collocati al di fuori delle frontiere. La metà di tale somma non sarebbe dichiarata [14].

Minacciata di essere iscritta nella lista dei paradisi fiscali dell’OCSE, la Svizzera ha aperto una breccia nel suo segreto bancario. Ha abbandonato la distinzione tra frode ed evasione fiscali e ha acconsentito allo scambio di informazioni, caso per caso, in risposta alle richieste, concrete e fondate, delle amministrazioni fiscali di paesi terzi. Il Lussemburgo e l’Austria, gli ultimi dure membri dell’Unione Europea che desideravano mantenere il loro segreto bancario, hanno fatto lo stesso. Questi ultimi due paesi erano anche suscettibili di essere iscritti nella lista nera. Tuttavia non si è mai posta, ad esempio, la questione di includervi alcuni Stati americani come il Delaware, le cui LLC (Limited Liabilities Compagnies) sono sottratte ad ogni forma di imposizione [15].

Nel contesto della crisi finanziaria, quest’operazione sotto egemonia statunitense di  « lotta contro la frode fiscale » sembra un tentativo degli Stati di recuperare capitali destinati a finanziare parzialmente gli aiuti consentiti alle banche ed alle assicurazioni ma, soprattutto, è un mezzo per le autorità USA di lottare contro il declino del dollaro, costringendo i capitali ad essere investiti nella zona di questa moneta, pur garantendo ai redditi più elevati il modo di sfuggire ad ogni imposizione fiscale. In effetti, non tutti i frodatori del fisco sono chiamati a portare il loro contributo: i più agiati avranno sempre la possibilità di far appello all’ingegneria fiscale dei trust per sfuggire all’imposta. Quest’operazione di sottrazione fiscale sarà loro tanto più facilitata se essi collocheranno i loro capitali in centri offshore statunitensi o anglosassoni, in territori posti sotto il diretto controllo della potenza dominante.

Il G 20 di Londra dell’aprile 2009, ci mostra tuttavia che il predominio americano sul sistema finanziario internazionale  non sarà che parziale. La piazza di Singapore, chiamata ad un forte sviluppo e suscettibile di recuperare una parte dei capitali che abbandonano la Svizzera, è riuscita a mantenere la sue prerogative di fronte dell’offensiva USA.

Un rapporto “imperiale”

Se questo nuovo accordo è particolarmente favorevole ad UBS, ciò deriva dal sacrificio della piazza bancaria elvetica effettuato dalle autorità svizzere a vantaggio della banca più importante. Tale accordo è emblematico della maniera in cui attualmente si concretizza la decisione politica : sulla base del puro rapporto di forze. L’adesione delle altre banche non è sollecitata. Grazie all’intervento dell’amministrazione USA, esplode la base sociale dello Stato nazionale svizzero. Il caso UBS ci rivela un modo di costruzione della struttura imperiale : il rapporto di dominazione diretta che si stabilisce tra l’amministrazione USA e le grandi imprese multinazionali straniere impiantate sul mercato nordamericano, nonché l’utilizzo di queste ultime come strumenti di decomposizione dei poteri nazionali.

UBS realizzava la metà dei suoi numeri sul mercato statunitense: questo indica una particolare vulnerabilità alle pressioni delle autorità americane. Essa è la banca principale della piazza elvetica e beneficia così, in questo paese, di vantaggi dovuti al suo rango. Tuttavia, sul mercato nordamericano, questa banca transazionale è sottoposta, attraverso l’amministrazione statunitense, agli interessi dei grandi gruppi nordamericani ed alla politica globale delle autorità statunitensi. Essa diviene un semplice strumento di queste ultime.

Attaccata dal fisco USA, UBS non ha cercato di sganciarsi dal mercato nordamericano. Al contrario, ha svolto una politica di reclutamento  destinata a riconquistare parti di mercato che aveva dovuto abbandonare [16]. Non c’è alternativa al mercato interno statunitense. Esso occupa un posto privilegiato, sia per le merci che per il settore finanziario. Così è un’arma privilegiata al servizio dell’amministrazione americana che le permette di strumentalizzare le imprese multinazionali attive su tale mercato e di utilizzarle al servizio della sua politica imperiale.

Questo caso di « lotta contro la frode fiscale » è una perfetta illustrazione della teoria decisionista di Carl Schmitt[17]. Tutti gli elementi che la costituiscono sono presenti : l’esistenza di una situazione di urgenza al livello della tesoreria degli Stati, la capacità degli Stati Uniti di designare un nemico : la piazza finanziaria elvetica, nonché il potere che si dà questa nazione di violare l’ordine giuridico nel quale si inscrive la sua azione. Anche qui, la possibilità per la potenza statunitense di imporre la decisione rivela un carattere costituente, quello della messa in piedi di una nuova forma di autorità a livello internazionale. Questa instaurazione di un potere transnazionale è decomposizione non solo della forma nazionale dello Stato, ma anche delle strutture regionali come quella dell’Unione Europea. L’azione della potenza egemonica prende la forma della decisione pura, che crea ogni volta gli organismi, in questo caso il G 20, destinati a sostenere il suo intervento. Quest’azione costituente è in permanenza destrutturazione delle forme di poteri esistenti. In contropartita di tale azione, essa ricompone solo degli spazi, puramente congiunturali e in movimento, di esercizio della sua egemonia. L’urgenza e l’eccezione diventano dei modi d’azione permanenti.

Sullo stesso argomento, vedi anche:
UBS e l’egemonia del dollaro in questo stesso sito:
http://www.eurasia-rivista.org//1396/ubs-e-l%E2%80%99egemonia-del-dollaro

Jean-Claude Pay, sociologo e saggista, è autore di La fine dello stato di diritto, Manifestolibri. Contributi pubblicati in Eurasia: Spazio aereo e giurisdizione statunitense (nr. 4/2007, pp. 109-113), Gli scambi finanziari sotto controllo USA (nr. 1/2009, pp. 109-120).

[1]    Direttiva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 in materia di fiscalità dei redditi del risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.

[2]    « Paradis fiscaux : plus aucun pays sur la liste noire », Le Monde, 7 aprilel 2009.

[3]    « Paradis fiscaux: la liste noire et la liste grise », Libération, 3 aprile 2009.

[4]    Richard Werly, « Sur les listes des paradis fiscaux, l’OCDE fait front commun avec l’UE », Le Monde, 7 aprile 2009.

[5]  Istituzione giuridica anglosassone. Un capitale è affidato a dei gestori (trustees), che devono amministrarlo allo scopo prescritto dal costituente (settler), nell’interesse di un beneficiario. Se è irrevocabile, il settler non viene più imposto su quel patrimonio. I trustees – come amministratori – non lo sono nemmeno loro. E se è discrezionale, ossia i trustees hanno  solo gli impegni fissati dal settler verso il beneficiary, nemmeno quest’ultimo è imponibile

[6]  Myret Zaki, « Jersey, les Bahamas, le Delaware et Miami, plus opaques que la Suisse », Le Temps, 9 marzo 2009.

[7]    Yves Genier, «  Ivan Pictet «Une place réduite de moitié», Entretien, Le Temps, 24/2/2009.

[8]  « UBS refuse de lever le secret bancaire sur 52 000 comptes illégaux », Le Monde del 20/2/2009.

[9]  « UBS va révéler 4.450 noms de clients américains », Le Nouvel Observateur Challenge.fr, le 18/8/2009, http://www.challenges.fr/actualites/finance_et_marches/20090819.CHA6469/ubs_va_reveler_4.450_nomsde_clients_americains.html

[10]  Agathe Duparc, « La justice américaine ouvre une brèche dans le secret bancaire suisse », Le Monde, 21 febbraio 2009.

[11]  Vedi: Jean-Claude Paye,« Spazio aero e giurisdirizione statunitense », Eurasia 4/2007, ott-dicembre 2007.

[12]  Vedi: Jean-Claude Paye, « Gli scambi finanziari sotto controllo USA », Eurasia N° 1 2009, Gennaio/Marzo

[13]  Elisabeth Eckert« Les Etats-Unis ont déjà brisé le secret bancaire suisse », 24heures.ch, http://www.24heures.ch/actu/monde/etats-unis-brise-secret-bancaire-suisse

[14]  Myret Zaki, « Londres et New York veulent rafler le marché de l’évasion fiscale à la Suisse », Le Temps, 9 marzo 2009.

[15] United States, Department of the Treasury Internal Revenue Service, http://www.irs.gov/pub/irs-pdf/p3402.pdf

[16]  François Pilet, «  UBS entrouvre les vannes de l’emploi aux Etats-Unis », Le Temps, l21 luglio 2009.

[17]  Carl Schmitt, Théologie politique, p. 15, Gallimard, Paris 1988.

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